Il Tar Lazio con la recentissima sentenza n. 15776/2024 in data 9.8.2024, aderendo alla costante giurisprudenza formatasi in materia, ha riconosciuto al ricorrente, appartenente all’Arma dei Carabinieri in congedo, il beneficio dei sei scatti stipendiali ex art. 6-bis del D.l. n. 387/1987 ed art. 21della Legge n. 232/1990.
Il Collegio ritiene, infatti: “di riconoscere al personale in quiescenza delle forze di polizia ad ordinamento militare il beneficio consistente nell’attribuzione dei sei scatti stipendiali figurativi ai fini della liquidazione del trattamento di fine servizio (TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 1 aprile2022, n. 315; TAR Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 19 marzo 2022, n. 153; TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 11 marzo 2022, n. 714; TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 28 gennaio 2022, n. 193; TAR Veneto, Sez. I, 4 gennaio 2022, n. 6)”.
Invero, l’art. 6 bis del DL 387/1987 dispone al primo comma che: “… Al personale della Polizia di Stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti, al personale appartenente ai corrispondenti ruoli professionali dei sanitari e del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica ed al personale delle forze di polizia con qualifiche equiparate, che cessa dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto, sono attribuiti ai fini del calcolo della base pensionabile e della liquidazione dell’indennità di buonuscita, e in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante, sei scatti ciascuno del 2,50 per cento da calcolarsi sull’ultimo stipendio ivi compresi la retribuzione individuale di anzianità e i benefìci stipendiali di cui agli articoli30 e 44 della L. 10 ottobre 1986, n. 668, all’articolo 2, commi 5, 6 10 e all’articolo 3, commi 3 e 6 del 8 6 presente decreto”.
Al secondo comma del riferito d.l. è normativamente indicato: “Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile; la domanda di collocamento in quiescenza deve essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell’anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità; per il personale che abbia già maturato i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile alla data di entrata in vigore della presente disposizione, il predetto termine è fissato per il 31 dicembre 1990”.
La lettura combinata delle disposizioni in parola permette di ritenere che l’articolo 6-bis del decreto-legge n. 387/1987 debba trovare applicazione, oltre che nei confronti del personale della Polizia di Stato, anche nei confronti del personale delle altre forze di polizia ad ordinamento militare, tra cui l’Arma dei Carabinieri.
Il Tar Lazio ritiene, quindi, che la situazione in cui versa il ricorrente si attagli perfettamente alla fattispecie contemplata dal secondo comma dell’articolo 6-bis del decreto-legge n. 387/1987, precisando che il termine – secondo cui la domanda di collocamento in quiescenza debba essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell’anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità (55 anni di età e 35 anni di servizio utile) – non debba qualificarsi come perentorio e non debba ricollegarsi al suo superamento alcuna decadenza condividendo l’orientamento del Consiglio di Stato che ha in merito statuito: “ il rinvio alle “condizioni”, che al suddetto fine devono sussistere al momento della cessazione dal servizio, allude appunto allo status soggettivo(anagrafico e previdenziale) dell’interessato, piuttosto che agli oneri procedimentali da osservare per l’acquisizione del beneficio de quo al suo patrimonio giuridico. In ogni caso, proprio l’ambiguità della disposizione, evidenziata dai rilievi appena formulati, non consente di far discendere, dal mancato rispetto del termine di presentazione della domanda di collocamento in quiescenza di cui al citato art. 6 bis, comma 2, secondo periodo D.L. n.387/1987, alcuna conseguenza decadenziale, la quale presuppone evidentemente la chiarezza e perspicuità dei relativi presupposti determinanti (Cons. Stato, sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1231)”.
Anche una significativa sentenza del Tar Brescia (n. 464/2024), sotto tale profilo, ha ribadito che nessuna conseguenza decadenziale possa farsi derivare dal mancato rispetto del termine di presentazione della domanda di collocamento in quiescenza di cui al citato art. 6 bis, comma 2, secondo periodo della citata norma sancendo che: “comunque la norma fa testuale riferimento ai presupposti sostanziali per il riconoscimento del beneficio de quo (ergo, alle categorie di personale cui esso è destinato), piuttosto che alle relative condizioni procedimentali: ciò in quanto il rinvio alle “condizioni”, che al suddetto fine devono sussistere al momento della cessazione dal servizio, allude appunto allo status soggettivo (anagrafico e previdenziale) dell’interessato, piuttosto che agli oneri procedimentali da osservare per l’acquisizione del beneficio de quo al suo patrimonio giuridico”, concludendo per l’accoglimento del ricorso, con conseguenza condanna alle spese di lite.
Il Tar Lazio, con la pronuncia sopra citata, ha, quindi, sancito il diritto del ricorrente ai benefici economici contemplati dall’art. 6-bis del decreto-legge n. 387/1987, con conseguente obbligo da parte dell’Inps di provvedere alla rideterminazione dell’indennità di buonuscita mediante l’inclusione, nella relativa base di calcolo, dei sei scatti stipendiali su cui andranno calcolati gli interessi legali.