Il Consiglio di Stato si è di recente espresso, con la sentenza n. 1708/2023, in materia di SCIA in sanatoria, aderendo all’orientamento giurisprudenziale di alcuni T.A.R. secondo cui il procedimento può ritenersi favorevolmente concluso per il privato solo allorquando vi sia un provvedimento espresso dell’amministrazione procedente, pena la sussistenza di un’ipotesi di silenzio inadempimento.
A fondamento della propria decisione il Giudice d’Appello rammenta che l’art. 37 del D.P.R. n. 380/2001 c.d. Testo Unico dell’Edilizia non prevede – diversamente da quanto accade con l’art. 36 del medesimo D.P.R. – un’ipotesi di silenzio significativo, ma al contrario stabilisce che il procedimento si chiuda con un provvedimento espresso, con applicazione e relativa quantificazione della sanzione pecuniaria a cura del responsabile del procedimento.
Secondo il Consiglio di Stato tale soluzione appare più conforme alla ratio della sanatoria di opere abusive già realizzate, che necessita di una valutazione espressa dell’amministrazione sulla sussistenza della doppia conformità, rispetto al regime di opere ancora da realizzare alle quali si attaglia la disciplina ordinaria della S.C.I.A., come metodo di semplificazione del regime abilitativo edilizio.
Ne deriva che il Comune deve pronunciarsi, con un provvedimento espresso, sulla SCIA in sanatoria, previa verifica dei relativi presupposti di natura urbanistico-edilizia di cui al citato art. 37 D.P.R. n. 380 del 2001.