La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 98/2023 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 210, comma 1, del d.lgs. n. 66 del 2010, nella parte in cui non contempla, gli psicologi militari, al pari dei medici militari, tra i soggetti a cui, in deroga all’art. 894 del codice medesimo, non siano applicabili le norme relative alle incompatibilità inerenti l’esercizio delle attività libero professionali, nonché le limitazioni previste dai contratti e dalle convenzioni con il servizio sanitario nazionale.
Trattasi di una questione rilevante sorta dalla rimessione di costituzionalità formulata dal Consiglio di Stato (nell’ambito di procedimenti di impugnazioni di provvedimenti del Ministero della Difesa di rigetto di istanze di autorizzazione all’esercizio della libera professionale presentate da psicologi militari) relativamente al citato art. 210 del Codice dell’Ordinamento Militare che determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento ex art. 3 Cost. tra il medico e lo psicologo militare.
Lo psicologo, come illustrato dal Consiglio di Stato, esercita una professione sanitaria volta alla cura della salute delle persone e nel Servizio sanitario nazionale è inquadrato, insieme ai medici, nel ruolo unico della dirigenza sanitaria e può esercitare «attività libero professionale individuale, al di fuori dell’impegno di servizio».
Di conseguenza, non risulterebbe giustificata la mancata estensione agli psicologici militari, diversamente che per i medici militari, della deroga al principio al fine di avere occasioni lavorative e acquisire un ulteriore aggiornamento professionale.
Per di più l’art. 210, comma 1, del Codice Ordinamento Militare si porrebbe si porrebbe in contrasto con gli artt. 97 e 98 Cost., in quanto creerebbe «un’ingiustificata frattura tra la sanità civile e la sanità militare», impedendo, in quest’ultima, l’integrazione tra due categorie professionali destinate entrambe alla tutela della salute, con conseguente violazione dell’art. 32 della Costituzione sottraendo al cittadino le prestazioni sanitarie «fornite da un professionista dotato di un quid pluris di esperienza maturato nel settore militare».
La Corte Costituzionale ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento all’art. 3 Costituzione e nella parte motiva ripercorre la normativa vigente nel settore del pubblico impiego.
In particolare, la Corte illustra che:“nell’ambito del pubblico impiego, vige un generale principio di esclusività della prestazione di lavoro in favore delle amministrazioni, con divieto di assumere altri impieghi e di svolgere altre professioni. Questo principio è sancito dall’art. 60 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), richiamato, prima, dall’art. 58 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione della organizzazione delle Amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e, oggi, dall’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001. Quest’ultima disposizione, al comma 1, fa salva «per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, salva la deroga prevista dall’articolo 23-bis del presente decreto, nonché, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall’articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 marzo 1989, n. 117 e dall’articolo 1, commi 57 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662». Il richiamato art. 60 del d.P.R. n. 3 del 1957, a sua volta, stabilisce che «[l]’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del ministro competente»; prevede, a tal fine, alcune limitate eccezioni (artt. 61 e 62) e le conseguenze delle relative violazioni (art. 63)”.
La disciplina delle incompatibilità, applicabile a tutti i dipendenti pubblici, contrattualizzati e non contrattualizzati, è estesa ai dipendenti degli enti locali.
La Corte poi precisa che tale obbligo di esclusività che caratterizza il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, «trova il suo fondamento costituzionale nell’art. 98 Cost.», che, nel prevedere che “i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”, rafforza il principio di imparzialità di cui all’art. 97 Costituzione
Anche la giurisprudenza di legittimità e quella amministrativa ritengono che la disciplina delle incompatibilità sia garanzia di indipendenza e totale disponibilità del lavoratore, così da riservare all’ufficio di appartenenza tutte le sue energie lavorative (Corte di cassazione civile, sezione lavoro, ordinanza 29 novembre 2019, n. 31277; in senso analogo, Consiglio di Stato, sezione seconda, sentenza 27 maggio 2021, n. 4091).
La Corte Costituzionale, con le sentenze n. 86/2008 e 181/2006, ha ritenuto non «irragionevole la previsione di limiti all’esercizio dell’attività libero-professionale da parte dei medici del Servizio sanitario nazionale».
Per quanto concerne più propriamente l’ordinamento militare, il relativo codice stabilisce che il militare in servizio permanente «è fornito di rapporto di impiego che consiste nell’esercizio della professione di militare» (art. 893, comma 1).
Questa professione – prevede poi l’art. 894, comma 1 – è «incompatibile con l’esercizio di ogni altra professione, salvo i casi previsti da disposizioni speciali». Ugualmente, è incompatibile con «l’esercizio di un mestiere, di un’industria o di un commercio, la carica di amministratore, consigliere, sindaco o altra consimile, retribuita o non, in società costituite a fine di lucro» (art. 894, comma 2).
Per il personale militare vige, insomma, il medesimo principio generale di esclusività dell’impiego previsto per i pubblici dipendenti in generale.
La Corte rileva, altresì, che a differenza di quanto previsto per gli altri pubblici dipendenti, per i militari – ma altresì per le forze di polizia e il corpo nazionale dei vigili del fuoco (art. 23-bis, comma 9, t.u. pubblico impiego) – l’incompatibilità con l’esercizio di una professione, del commercio, dell’industria o con l’assunzione di incarichi retribuiti alle dipendenze di privati non è superabile neanche tramite l’istituto del collocamento in aspettativa di cui all’art. 18 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro).
Al personale militare, così come a quello delle forze di polizia e dei vigili del fuoco, inoltre, non si applica neppure la disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale, che consente normalmente, ai pubblici impiegati, lo svolgimento di un’ulteriore «attività lavorativa di lavoro autonomo o subordinato [che non] comporti un conflitto di interessi con la specifica attività di servizio svolta dal dipendente ovvero […] pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione stessa» (art. 1, commi 57 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica», richiamato dall’art. 53 t.u. pubblico impiego).
L’art. 894, comma 1, del Codice dell’Ordinamento Militare fa salvi, rispetto al generale principio di incompatibilità della professione militare con l’esercizio di ogni altra professione, «i casi previsti da disposizioni speciali».
Tra le disposizioni speciali rientra l’art. l’art. 210, comma 1, del Codice dell’Ordinamento Militare, il quale stabilisce – analogamente a quanto previsto per il rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari del SSN – che, «in deroga all’articolo 894, comma 1», ai medici militari non si applicano «le norme relative alle incompatibilità inerenti l’esercizio delle attività libero professionali, nonché le limitazioni previste dai contratti e dalle convenzioni con il servizio sanitario nazionale, fermo restando il divieto di visitare privatamente gli iscritti di leva e di rilasciare loro certificati di infermità e di imperfezioni fisiche che possano dar luogo alla riforma».
Il citato art. 210 del Codice dell’Ordinamento Militare, tuttavia, fa riferimento unicamente ai medici militari.
Rileva la Corte che l’art. 208 del Codice dell’Ordinamento Militare nel definire il personale della sanità militare, si riferisce a tutti gli esercenti la professione sanitaria, tra cui rientrano anche gli psicologi; mentre l’art. 210 di tale Codice, nel derogare al regime di esclusività della professione militare, si rivolge ai soli medici.
Nella parte motiva la Corte stabilisce che: “La specificità dell’impiego militare – «caratterizzato da una forte compenetrazione fra i profili ordinamentali e la disciplina del rapporto di servizio» (sentenza n. 270 del 2022) – giustifica, anzi, il regime delle incompatibilità delineato dagli artt. 894 e seguenti del d.lgs. n. 66 del 2010 in senso più rigoroso rispetto a quello previsto per i pubblici dipendenti in generale. Tale regime risponde, infatti, all’esigenza di assicurare all’amministrazione militare, in ragione della peculiarità delle funzioni istituzionali ad essa attribuite, la tendenziale esclusività dell’attività lavorativa svolta dal militare in favore del corpo di appartenenza, al fine di garantirne il regolare e continuo svolgimento.
Ed ancora la Corte definisce che, sempre secondo la giurisprudenza costituzionale, in presenza di norme generali e di norme derogatorie, la funzione del giudizio di legittimità costituzionale, che normalmente consiste nel ripristino della disciplina generale, ove ingiustificatamente derogata da quella particolare (sentenze n. 208 del 2019, n. 96 del 2008 e n. 298 del 1994; ordinanza n. 582 del 1988), può, in taluni casi, realizzarsi tramite l’estensione di quest’ultima ad altre fattispecie purché ispirate alla medesima ratio derogandi.
Ritiene la Corte Costituzionale che “la limitazione soggettiva della facoltà di esercitare la libera professione – facoltà che si pone in deroga al principio generale dell’esclusività della professione militare – determina un’irragionevole disparità di trattamento tra le due situazioni poste a confronto, quella dei medici e quella degli psicologi militari, che, sotto il profilo in esame, sono tra loro omogenee e, in quanto tali, suscettibili di valutazione comparativa”.
La Corte rammenta che a partire dalla legge n. 3 del 2018, la professione di psicologo è stata espressamente ricompresa «tra le professioni sanitarie».
Inoltre, lo psicologo militare – che è legittimato ad esercitare, una volta conseguita la richiesta abilitazione, le attività elencate dall’art. 1 della medesima legge n. 56 del 1989 – deve essere iscritto nell’apposito albo professionale ai sensi dell’art. 5, comma 2, del menzionato d.lgs. C.p.S. n. 233 del 1946, il quale prescrive, per l’esercizio di tutte le professioni sanitarie, la necessità dell’iscrizione al rispettivo albo. Ciò trova conferma nell’art. 208, comma 2, cod. ordinamento militare con riferimento a tutto il personale, medico e non, del SSM, a cui è consentito l’esercizio della relativa attività professionale purché sia «in possesso dei titoli» che lo abiliti all’esercizio della stessa.
Nella pronuncia in esame la Corte chiarisce che: “poiché entrambi i professionisti – medici e psicologi militari – erogano prestazioni volte anche alla tutela dell’integrità psichica e, oggi, rientrano nell’unitaria categoria del personale militare abilitato all’esercizio della professione sanitaria, essi vanno equiparati sotto il profilo che qui viene in rilievo, quello della facoltà di svolgere la libera professione. Ciò a prescindere dall’eventuale diversità di ruoli e di progressione di carriera, che può riscontrarsi nell’ambito dei rispettivi corpi sanitari di appartenenza. Anche perché, alla luce dell’analisi sin qui svolta, non emergono ragioni che giustificano il riconoscimento della predetta facoltà esclusivamente ai medici militari. La mancata estensione agli psicologi militari della disciplina derogatoria invocata dal rimettente, quindi, non risulta sorretta da alcun motivo giustificativo, proprio in considerazione della rilevata identità sia della categoria professionale cui appartengono gli uni e gli altri, quella dei sanitari militari addetti al SSM, sia dell’attività da essi svolta, diretta pur sempre alla cura della salute del paziente”
E prosegue concludendo: “Poiché, come detto, le due fattispecie poste a confronto – quelle dei medici e degli psicologi militari – rispondono alla medesima ratio derogandi e manca una giustificazione ragionevole e sufficiente a circoscrivere la norma censurata solamente ad una di essa, quella dei medici appunto, deve ritenersi sussistente la violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. Il limite all’estensione dell’art. 210, comma 1, cod. ordinamento militare che, pur costituendo una deroga a principi generali, è espressione di una ratio comune a medici e psicologi addetti al SSM, è, quindi, motivo di illegittimità costituzionale. Per le ragioni sopra esposte, va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 210, comma 1, cod. ordinamento militare, nella parte in cui «non contempla, accanto ai medici militari, anche gli psicologi militari tra i soggetti a cui, in deroga all’art. 894 del codice medesimo, non sono applicabili le norme relative alle incompatibilità inerenti l’esercizio delle attività libero professionali, nonché le limitazioni previste dai contratti e dalle convenzioni con il servizio sanitario nazionale»”
Ne consegue, quindi, che in ragione della recente pronuncia della Corte Costituzionale gli psicologi militari potranno, al pari dei medici militari, svolgere attività libera professionale seppur con le limitazioni previste per i medici militari.