L’art. 3 della Legge n. 206/2004 – rubricato nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice – ha previsto il diritto all’accredito figurativo di dieci anni di versamenti contributivi prevedendo il riconoscimento di “un aumento figurativo di dieci anni di versamenti contributivi utili ad aumentare, per una pari durata, l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione, nonché il trattamento di fine rapporto o altro trattamento equipollente”.
Tale beneficio, a decorrere dal 1° gennaio 2007 (art. 1, commi 794 e 795 della legge n. 296/2006), spetta anche sui trattamenti diretti dei familiari, anche superstiti, limitatamente al coniuge ed ai figli, anche se maggiorenni, ed in mancanza ai genitori.
Tale norma – che prevede un aumento figurativo di 10 anni di versamenti contributivi utili ai fini dell’anzianità pensionistica e della misura del trattamento pensionistico e del trattamento di fine rapporto – potrebbe essere estesa anche alla categoria delle Vittime del Dovere anche in ragione del combinato disposto di cui agli artt. 1, comma 562 della Legge n. 266/2005 e 1 del DPR n. 243 del 2006 e secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, ossia conforme all’art. 3 della Costituzione.
Infatti, l’art. 1 comma 562 della Legge n. 266/2005 ha stabilito “Al fine della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo a tutte le vittime del dovere individuate ai sensi dei commi 563 e 564, è autorizzata la spesa annua nel limite massimo di 10 milioni di euro a decorrere dal 2006”: la norma ha quindi fissato l’obiettivo del progressivo raggiungimento del fine di uniformare i benefici previsti per le due diverse categorie.
Dal che l’estensione alle vittime del dovere di tutti i benefici previsti alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, ivi compreso quindi il beneficio previsto dalla Legge n. 206 del 2004, richiamato dall’art. 1 lett. a) del D.P.R. n. 243/2006.
L’estensione alle vittime del dovere dei benefici previsti a favore delle vittime del terrorismo ha trovato conferma nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. n. 15328/2016; Cass. Sez. Unite 7761/2017).
Diversamente argomentando (ossia riconoscendo specifici benefici a favore soltanto delle vittime della criminalità organizzata e del terrorismo e non alle vittime del dovere) si determinerebbe una ingiustificata, irragionevole ed incostituzionale disparità di trattamento fra le due categorie di soggetti.
L’estensione in questione trova, altresì, fondamento nel fatto che l’art. 1 comma 211 della L n. 232 del 2016 ha esteso ai trattamenti pensionistici spettanti alle Vittime del Dovere ed ai loro familiari superstiti i benefici fiscali in materia di esenzione dell’imposta sui redditi, tra cui quelli previsti dall’art. 3 comma 2 della L. n. 206 del 2004 (ossia l’esenzione dall’IRPEF della pensione maturata a seguito dell’aumento figurativo di 10 anni riconosciuto alle Vittime del terrorismo e stragi).
Tale norma prevede “A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai trattamenti pensionistici spettanti alle vittime del dovere e ai loro familiari superstiti di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, alla legge 20 ottobre 1990, n. 302, e all’articolo 1, commi 563 e 564 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si applicano i benefici fiscali di cui all’articolo 2, commi 5 e 6 della legge 23 novembre 1998, n. 407 e dell’articolo 3, comma 2 della legge 3 agosto 2004, n. 206, in materia di esenzione dall’imposta sui redditi”.
Considerato che i trattamenti pensionistici spettanti alle vittime del dovere sono già stati esentati da IRPEF sulla base di altre specifiche disposizioni di legge, l’unica interpretazione corretta dell’art. 1 comma 211 della Legge n. 232 del 2016 è ritenere che l’aumento figurativo di 10 anni previsto espressamente per le Vittime del terrorismo sia esteso anche alle vittime del dovere ed ai coniugi superstiti.
In merito una significativa pronuncia del Tribunale di Padova, Sez. Lavoro (sentenza n. 434/2021) – richiamata la normativa sopra rammentata – ha precisato che “Dalla lettura sistematica di tale complessivo quadro normativo, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata (che eviti ingiustificate disparità di trattamento – ex art. 3 Cost. – tra vittime del dovere e vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice: disparità paventata anche dal Consiglio di Stato nella decisione n. 6156 del 2013), bisogna ritenere che il cit. art. 1, comma 562, della legge 23.12.2005 n. 266 abbia inteso estendere alle vittime del dovere indistintamente tutti i benefici previsi a favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, considerando anche che il comma 562 non effettua distinzioni (l’estensione è solo definitiva “progressiva”: ciò non esclude sia generalizzata), con la conseguenza che, anche dal punto di vista dell’interpretazione letterale, l’estensione deve intendersi generalizzata e quindi comprensiva anche del beneficio previsto dalla cit. legge 3.08.2004, n. 206, legge che infatti è puntualmente richiamata dal cit. art. 1 lett. a) del DPR 7.07.2006 n. 243”.
Di conseguenza, il Tribunale di Padova ha accertato il diritto di un Carabiniere, già riconosciuto quale vittima del dovere, all’aumento figurativo di dieci anni di versamenti contributivi utili ad aumentare, per una pari durata, l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione, nonché il trattamento di fine rapporto o altro trattamento equipollente, come previsto dall’art. 3 della legge 3.08.2004 n. 206.
La sentenza in questione ha richiamato la pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 6214/2022 che, seppure occupandosi della quantificazione del danno patito dall’interessato, ha evidenziato in più parti della pronuncia che il trattamento delle vittime del dovere è stato in tutto equiparato a quello delle vittime del terrorismo o della criminalità organizzata e che un’interpretazione della normativa in senso difforme comporterebbe il rischio di violazione dell’art. 3 Cost.
Più recentemente il Tribunale di Palermo (Sez. Lavoro, n. 1241/2023) ha richiamato i principi di cui sopra, ribadendo, peraltro, che l’accertamento del diritto al beneficio dei 10 anni di contribuzione aggiuntiva rientri, anche a fini pensionistici, nella giurisdizione del giudice ordinario del lavoro, in quanto riguarda l’ambito dei benefici conseguenti al riconoscimento dello status di vittima del dovere.
Alla luce delle positive pronunce sopra ricordate ed al fine di evitare l’ampio contenzioso in essere, sarebbe auspicabile un intervento risolutivo del legislatore che portasse ad una totale e definitiva equiparazione fra le vittime del dovere e le vittime del terrorismo o della criminalità organizzata, al fine di garantire una effettiva tutela e la parità di trattamento di tutti i soggetti vittime di episodi di criminalità.