L’art. 2 della Legge n. 407/1998 ha previsto l’assegno vitalizio a favore delle vittime di azioni terroristiche che abbiano subito una invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa e la Legge n. 266/2005 ha esteso le provvidenze previste in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo in favore di tutte le vittime del dovere e delle categorie equiparate. L’art. 4, comma 238 della Legge n. 350/2003 ha previsto “Con effetto dal 1° gennaio 2004 i trattamenti mensili dei soggetti destinatari dell’assegno vitalizio di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407 e successive modificazioni sono elevati a 500 euro mensili”. In merito la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha affermato il seguente principio di diritto: “L’ammontare dell’assegno vitalizio mensile previsto in favore delle vittime del dovere e dei soggetti ad esse equiparati è uguale a quello dell’analogo assegno attribuibile alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, essendo la legislazione primaria in materia permeata da un simile intanto perequativo ed essendo tale conclusione l’unica conforme al principio di razionalità-equità di cui all’art. 3 della Costituzione come risulta dal diritto vivente rappresentato dalla costante giurisprudenza amministrativa e ordinaria (cfr. Cass. Sez. Un. 7761/2017). Nella citata pronuncia le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ben precisato che il predetto principio è assurto ormai al rango di diritto vivente tanto più che l’art. 2, commi 105 e ss., della L. n. 244 del 2007 ha previsto l’attribuzione ai figli maggiorenni delle vittime del dovere di un assegno vitalizio mensile di ammontare pari ad euro 500,00 tant’è che a parere della Corte di Cassazione, a questo punto, può dirsi implicitamente confermata anche da parte del legislatore la suddetta equiparazione, altrimenti producendosi una ulteriore irragionevole disparità di trattamento tra figli maggiorenni delle vittime del dovere e vittime del dovere stesse. A seguito della sopra citata sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la giurisprudenza del Giudice ordinario è stata consolidata nell’estendere alle vittime del dovere l’adeguamento dell’importo dell’assegno vitalizio già previsto ex lege per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Infatti, numerose sono le sentenze del Tribunale Ordinario, Sez. Lavoro – successive alla predetta pronuncia della Cassazione – che hanno ribadito i principi dettati dalle Sezione Unite della Corte di Cassazione, precisando che diversamente ragionando si realizzerebbe una disparità di trattamento fra le vittime del dovere e le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Secondo la giurisprudenza ordinaria (cfr. Tribunale di Bari, Sez. Lavoro, 4 giugno 2020; Tribunale di Trieste, n. 22/2019 in data 6 febbraio 2019; Tribunale di Aosta n. 51/2019 del 11 dicembre 2019; Tribunale di Bari n. 1461/2020 in data 4 giugno 2020; Tribunale di Forlì n. 39/2021 in data 16 febbraio 2021; Tribunale di Bologna n. 45/2021 in data 19 febbraio 2021; Tribunale di Verona n. 593/2020 in data 17 dicembre 2020; Tribunale di Cosenza n. 499/2022 in data 23 marzo 2022) l’estensione anche alle vittime del dovere dell’ammontare dell’assegno vitalizio è l’unica conforme al principio di razionalità – equità di cui all’art. 3 della Costituzione, come risulta dal diritto vivente rappresentato dalla costante giurisprudenza amministrativa. In ragione del disposto normativo di cui sopra ed alla luce delle argomentazioni e delle conclusioni rese dalla Corte di Cassazione, Sez. Unite, nonché della consolidata giurisprudenza ordinaria sussiste il diritto del soggetto riconosciuto quale vittima del dovere (o dell’erede) all’adeguamento dell’assegno vitalizio in € 500,00 mensili. Peraltro, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. Corte di Cass. Sez. Unite, n. 21606 del 22 agosto 2019) hanno ritenuto che la materia delle “vittime del dovere” rientri nella giurisdizione del Giudice Ordinario, Sez. Lavoro in quanto si tratta di questioni relative ai “diritti soggettivi” e non interessi legittimi poichè, tanto con riferimento allo status di vittima del dovere, quanto alla attribuzione delle provvidenze economiche ed alle quantificazioni, la Pubblica Amministrazione non ha in materia potere discrezionale. Inolte, le Sezioni Unite hanno precisato che la provvidenza spettante alle vittime del dovere non può dirsi inerente al rapporto di lavoro e dunque rientrare nella giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, poiché la qualificazione di vittima del dovere può spettare anche ad un soggetto non legato alla Pubblica Amministrazione da un rapporto di lavoro subordinato (es. i militari di leva o i familiari superstiti) e la natura dell’erogazione è assistenziale e non è legata alla prestazione di lavoro. Nello stesso senso si sono pronunciate anche alcune sentenze del Giudice amministrativo (tra cui Cons. Stato, Sez. IV, 24 novembre 2017, n. 5488).
Articoli
Approfondimenti | Diritto Militare | Novità