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Avv. Alessandra Cavagnetto

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Il T.A.R. per la Lombardia ribadisce i principi dettati dalla giurisprudenza in materia di richiesta di trasferimento per assistere famigliari con disabilità in situazione di gravità.

Il T.A.R. per la Lombardia (con la recente sentenza n. 2034 del 10 agosto 2023) – accogliendo il ricorso presentato da un appartenente alla Guardia di Finanza avverso il diniego dell’Amministrazione all’istanza di trasferimento presentata ex art. 33, comma 5, della Legge n. 104/1992 per assistere il padre invalido – ha elencato e ben spiegato i principi oramai consolidati elaborati dalla giurisprudenza amministrativa e della Cassazione Sez. Lavoro in materia.

Come noto la norma in questione prevede che: “il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.

Il comma 3 dell’articolo in commento fa riferimento al lavoratore che: “assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”.

Interpretando tali disposizioni normative il T.A.R. Lombardia ha ribadito che (come già chiarito dal Consiglio di Stato, Sez. IV 30 gennaio 2018, n. 29) la richiesta di trasferimento presentata ai sensi dell’art. 33, comma 5, della Legge n. 104/1992 implichi un bilanciamento fra l’interesse del privato e gli interessi pubblici nell’esercizio del potere discrezionale da parte dell’amministrazione.

Il Collegio ha poi rammentato che la misura in questione sia prevista a vantaggio e nell’interesse esclusivo del soggetto disabile che necessita assistenza e non nell’interesse dell’Amministrazione e neppure del richiedente.

Il trasferimento, pertanto, è connesso con la persona dell’invalido che il richiedente deve assistere, così da consentire al dipendente di prediligere una sede di lavoro che permetta di prestare assistenza alla persona disabile. Anche in merito a tale principio il T.A.R. Lombardia ha richiamato un significativo precedente del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. IV, 9 ottobre 2017, n. 4671).

Inoltre, il T.A.R ha riportato un ulteriore importante principio dettato dalla Cassazione, Sezione Lavoro ed applicabile anche alla fattispecie esaminata secondo cui la previsione di tale agevolazione (ossia il trasferimento del lavoratore per assistere un parente invalido) si lega “alla centralità del ruolo della famiglia nell’assistenza del disabile (da ultimo, Corte cost. 329/2011 e, in precedenza, Corte cost. 233/2005) e, in particolare, nel soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione quale fondamentale fattore di sviluppo della personalità e idoneo strumento di tutela della salute del disabile intesa nella sua accezione più ampia (si vedano, fra le altre, sent. nn. 158 del 2007 e 350 del 2003) (cfr. Cass. Civ. Sez. lavoro, 7.06.2012, n. 9201)”.

Come ben ricordato dal Collegio nella pronuncia in questione, l’art. 33, comma 5, della Legge n. 104/1992 contiene l’inciso “ove possibile” che comprova la necessità di un bilanciamento degli interessi in conflitto, ossia quello del lavoratore al trasferimento al fine di consentire l’assistenza all’invalido e quello economico – organizzativo del datore di lavoro (anche in merito a tale profilo il T.A.R ha ricordato un precedente del Consiglio di Stato, Sez. III, 11 maggio 2018, n. 2819).

Ciò comporta che nella sede di destinazione debba sussistere la disponibilità nella dotazione di organico del posto in ruolo per il proficuo utilizzo del soggetto che chiede il trasferimento: in altri termini deve sussistere una collocazione compatibile con lo stato del militare.

In ragione dei fondamentali principi di cui sopra ne deriva che, nell’esercizio del potere discrezionale, l’Amministrazione sia tenuta a fornire il provvedimento di una congrua motivazione, non essendo di certo sufficiente (per negare il trasferimento) richiamare generiche ragioni di servizio, scoperture di organico, necessità di servizio da fronteggiare, ma dovrà indicare in modo concreto gli elementi ostativi riferiti alla sede di servizio in atto, anche rispetto alla sede di servizio richiesta ed essere frutto, altresì, della considerazione del grado e/o della posizione di ruolo e specialità propri del richiedente.

Nel caso deciso dal T.A.R. Lombardia, a fronte di una specifica, motivata e documentata richiesta di trasferimento dell’interessato ai fini di fornire assistenza al padre disabile, l’Amministrazione (come spesso accade, dando origine ad un ampio contenzioso innanzi ai competenti T.A.R.) si era limitata a rifiutare tale trasferimento sulla base di generiche esigenze di servizio.

La genericità delle affermazioni rese dall’Amministrazione nel provvedimento impugnato sono state rilevate dal T.A.R. in quanto le argomentazioni dell’Amministrazione non si erano espresse concretamente nel merito della vicenda e non ne avevano considerato le peculiarità, legate, in particolare, all’esigenza di cura continuativa del disabile.

Inoltre, a parere dei Giudici amministrativi, non era stato effettuato alcun bilanciamento tra l’interesse privato del soggetto fragile all’assistenza familiare e l’interesse pubblico connesso alle esigenze organizzative dell’amministrazione.

La decisione in esame risulta particolarmente interessante in quanto ha evidenziato che le condizioni di soprannumero presso la destinazione richiesta (in ragione delle quali era stato adottato il provvedimento di diniego) sono imputabili ad un’errata gestione del potere organizzativo da parte dell’Amministrazione per cui non è ragionevole farne carico al soggetto che chiede il trasferimento per assistere un familiare non autosufficiente.

In altri termini, la non corretta organizzazione del personale da parte dell’Amministrazione non può di certo ricadere sul dipendente che richiede il trasferimento, in quanto il parente disabile ha necessità di assistenza continua.

Anche in relazione a tale ragionamento, del tutto condivisibile, considerata la rilevanza degli interessi in gioco (ossia la tutela del soggetto disabile che ha necessità di assistenza continua da parte del parente che domanda il trasferimento a tale fine), il T.A.R. Lombardia ha ricordato un puntuale precedente del Consiglio di Stato il quale aveva concluso “….Ed allora negare ad un militare che ha documentato esigenze familiari di notevole rilievo, il trasferimento nella zona d’origine perché vi è un esubero di personale, significa far scontare ad un singolo gli effetti di una discutibile gestione del personale in quella provincia” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. II, 26.01.2023, n. 916).

Infine, il T.A.R. Lombardia ha valutato erroneamente motivato il provvedimento impugnato nella parte in cui ha ritenuto ostativa al trasferimento del ricorrente la presenza di altri familiari in loco che potrebbero contribuire alla cura ed alla gestione dei bisogni del disabile.

Nel caso di specie gli altri familiari si erano dichiarati indisponibili all’incombenza e, per di più, presentavano condizioni personali che non consentivano oggettivamente di soddisfare le necessità assistenziali del portatore di handicap.

In merito a tale profilo – come correttamente ricordato dal T.A.R. Lombardia – la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. di Stato, Sez. IV. 14.07.2020, n. 4549) ha chiarito che non ha alcuna autonoma rilevanza motivazionale la presenza di altri congiunti, diversi dal richiedente il trasferimento, nello stesso luogo di residenza del portatore di handicap.

La sentenza in esame costituisce un significativo precedente in materia di trasferimenti temporanei richiesti dai dipendenti per assistere un parente portatore di handicap in situazione di gravità e potrà essere richiamato nei ricorsi avverso i dinieghi dell’Amministrazione, evidenziando che (proprio secondo gli insegnamenti della giurisprudenza) il soggetto da tutelare in caso di richieste ex art. 33, comma 5,  della Legge n. 104/1992 è il soggetto portatore di handicap che necessita di assistenza.