Nel manuale “CAUSA DI SERVIZIO ED EQUO INDENNIZZO, PENSIONE PRIVILEGIATA E BENEFICI PER LE VITTIME DEL DOVERE (FORZE ARMATE E FORZE DI POLIZIA). NORMATIVA, ITER E CASI PRATICI” redatto dagli Avv.ti CAVAGNETTO e MALANOT è stato dedicato un capitolo relativo al beneficio dell’aumento figurativo di 10 anni di versamenti contributivi utili ad aumentare, per pari durata, l’anzianità pensionistica, la misura delle pensione ed il TFR o TFS.
L’articolo 3, comma 1, della Legge n. 206/2004 prevede che: “A tutti coloro che hanno subito un’invalidità permanente di qualsiasi entità e grado della capacità lavorativa, causata da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice e ai loro familiari, anche superstiti, limitatamente al coniuge ed ai figli anche maggiorenni, ed in mancanza, ai genitori, siano essi dipendenti pubblici o privati o autonomi, anche sui loro trattamenti diretti, è riconosciuto un aumento figurativo di dieci anni di versamenti contributivi utili ad aumentare, per una pari durata, l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione, nonché il trattamento di fine rapporto o altro trattamento equipollente”.
Diverse pronunce sorte in materia di vittime delle criminalità organizzata hanno stabilito che per l’ottenimento dei benefici pensionistici previsti dalla citata legge siano necessari i seguenti requisiti: che il soggetto abbia subito un’invalidità permanente di qualsiasi entità e grado della capacità lavorativa, che l’invalidità sia stata causata da atti di terrorismo; che il soggetto beneficiario sia la vittima stessa o un suo famigliare, coniuge o figlio, anche maggiorenne.
In particolare, una significativa sentenza della Corte dei Conti, Sez. I App, n. 81 in data 28.1.2015 ha riconosciuto a favore della moglie di un invalido civile per atti di terrorismo il riconoscimento del beneficio di cui al citato art. 3 della Legge n. 206/2004, ribadendo che la finalità della norma in questione sia quella di contribuire a sostenere economicamente i famigliari stretti di coloro che siano rimasti vittima di attentati terroristici (e che quindi siano coinvolti nella cura ed assistenza) e che i tre requisiti di cui sopra sussistano al momento della decorrenza della pensione medesima.
Sempre in tale sentenza la Corte dei Conti rileva che nessuna norma preveda che la celebrazione del matrimonio sia necessariamente anteriore agli atti di terrorismo che causarono l’infermità invalidante.
Tra l’altro l’art. 3, comma 1-ter, di tale norma prevede che: “I benefici previsti dal comma 1 spettano al coniuge e ai figli dell’invalido, anche se il matrimonio è stato contratto o i figli sono nati successivamente all’evento terroristico. Se l’invalido contrae matrimonio dopo che il beneficio è stato attribuito ai genitori, il coniuge e i figli di costui ne sono esclusi. I soggetti di cui al primo periodo del presente comma possono ottenere l’iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, secondo le modalità previste per i soggetti di cui alla legge 23 novembre 1998, n. 407”.
Ne deriva che anche i famigliari (tra cui figli, coniuge) possano chiedere tale beneficio.