La prevalente giurisprudenza amministrativa si è pronunciata favorevolmente in merito all’applicazione dell’istituto previsto dall’art. 6 bis del D.L. n. 387/1987 e s.s.m.m., con conseguente riconoscimento dei sei scatti stipendiali fra le voci computabili al fine della liquidazione del trattamento di fine servizio.
Numerose pronunce hanno riconosciuto al personale in quiescenza delle forze di polizia ad ordinamento militare il beneficio consistente nell’attribuzione dei sei scatti stipendiali figurativi ai fini della liquidazione del trattamento di fine servizio (TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 1 aprile 2022, n. 315; TAR Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 19 marzo 2022, n. 153; TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 11 marzo 2022, n. 714; TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 28 gennaio 2022, n. 193; TAR Veneto, Sez. I, 4 gennaio 2022, n. 6; TAR Brescia n. n. 877/2024).
Invero, l’art. 6 bis del DL 387/1987 dispone al primo comma che: “… Al personale della Polizia di Stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti, al personale appartenente ai corrispondenti ruoli professionali dei sanitari e del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica ed al personale delle forze di polizia con qualifiche equiparate, che cessa dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto, sono attribuiti ai fini del calcolo della base pensionabile e della liquidazione dell’indennità di buonuscita, e in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante, sei scatti ciascuno del 2,50 per cento da calcolarsi sull’ultimo stipendio ivi compresi la retribuzione individuale di anzianità e i benefìci stipendiali di cui agli articoli 30 e 44 della L. 10 ottobre 1986, n. 668, all’articolo 2, commi 5, 6 10 e all’articolo 3, commi 3 e 6 del 8 6 presente decreto”.
Al secondo comma del riferito d.l.. è normativamente indicato: “Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile; la domanda di collocamento in quiescenza deve essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell’anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità; per il personale che abbia già maturato i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile alla data di entrata in vigore della presente disposizione, il predetto termine è fissato per il 31 dicembre 1990”.
La lettura combinata delle disposizioni in parola permette di ritenere che l’articolo 6-bis del decreto-legge n. 387/1987 debba trovare applicazione, come sancito dalla giurisprudenza amministrativa, oltre che nei confronti del personale della Polizia di Stato, anche nei confronti del personale delle altre forze di polizia ad ordinamento militare, quale certamente è l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza.
In particolare, il Consiglio di Stato, Sez. II, con la sentenza n. 2831/2023 in data 20 marzo 2023, ha rigettato l’appello proposto dall’INPS, statuendo l’applicazione di tale beneficio ai ricorrenti in primo grado (che avevano chiesto all’Istituto la rideterminazione dell’indennità di buonuscita, mediante l’inclusione nella relativa base di calcolo dei sei scatti stipendiali contemplati dall’art. 6 bis D.L. n. 387/1987), in quanto militari appartenenti alla Guardia di Finanza.
Il Consiglio di Stato ha rammentato che tale articolo prevede (al comma 1) che siano attribuiti, al Personale della Polizia di Stato, ai fini del calcolo della base pensionabile e della liquidazione dell’indennità di buonuscita ed in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante, sei scatti stipendiali (del 2,50 per cento da calcolarsi sull’ultimo stipendio), qualora l’avente diritto cessi dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto.
Il comma 2 dell’articolo in esame, richiamato dal Consiglio di Stato nella pronuncia di cui sopra, estende il beneficio in questione anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e 35 anni di servizio utile, con la precisazione che la domanda di quiescenza debba essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell’anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità.
Il Consiglio di Stato ha ben chiarito che sulla base dell’art. 1911, comma 3, del Codice dell’Ordinamento Militare (che richiama il predetto art. 6 bis) tale disciplina sia applicabile al personale delle forze di polizia ad ordinamento militare; infatti, il Codice dell’Ordinamento Militare ha sottolineato la perdurante vigenza, con riferimento alle forze di polizia ad ordinamento militare, del regime in vigore per il calcolo dell’indennità di fine rapporto degli appartenenti alle forze di polizia, così come delineato dall’art. 6 bis del d.l. 387/1987, che comprende sia gli appartenenti all’ordinamento militare, sia gli appartenenti all’ordinamento civile delle forze di polizia.
Peraltro, il Consiglio di Stato ha statuito che non sia consentito far discendere alcuna conseguenza decadenziale dal mancato rispetto del termine di presentazione della domanda di collocamento in quiescenza di cui al citato art. 6 bis comma 2 d.l. 387/1987 (che prevede l’invio della domanda entro e non oltre il 30 giugno dell’anno nel quale sono maturati i 55 anni di età ed i 35 anni di servizio utile).
In merito recentemente si è pronunciato in data 17.3.2025 il Tar Lazio, con la sentenza n. 5509/2025, statuendo: “Sul punto va aggiunto che la pretesa di parte ricorrente non potrebbe trovare ostacolo nel disposto di cui al secondo periodo del medesimo comma 2 appena citato, ai sensi del quale “la domanda di collocamento in quiescenza deve essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell’anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità”. Il Collegio osserva che la disposizione non qualifica detto termine come perentorio, né ricollega al suo superamento alcuna decadenza, condividendosi pertanto l’orientamento del Consiglio di Stato che al riguardo ha statuito che “… il rinvio alle “condizioni”, che al suddetto fine devono sussistere al momento della cessazione dal servizio, allude appunto allo status soggettivo (anagrafico e previdenziale) dell’interessato, piuttosto che agli oneri procedimentali da osservare per l’acquisizione del beneficio de quo al suo patrimonio giuridico. In ogni caso, proprio l’ambiguità della disposizione, evidenziata dai rilievi appena formulati, non consente di far discendere, dal mancato rispetto del termine di presentazione della domanda di collocamento in quiescenza di cui al citato art. 6 bis, comma 2, secondo periodo D.L. n. 387/1987, alcuna conseguenza decadenziale, la quale presuppone evidentemente la chiarezza e perspicuità dei relativi presupposti determinanti” (Cons. Stato, sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1231). In conclusione, per tutti i surriferiti motivi, il ricorso è fondato e deve essere accolto, con conseguente dichiarazione del diritto del ricorrente ai benefici economici contemplati dall’art. 6-bis del decreto legge n. 387/1987, e con il correlativo obbligo da parte dell’Inps di provvedere quindi alla rideterminazione dell’indennità di buonuscita mediante l’inclusione, nella relativa base di calcolo, dei sei scatti stipendiali. Sulle relative somme dovranno essere corrisposti soltanto gli interessi legali, senza cumulo con la rivalutazione monetaria, ai sensi dell’art. 16, comma 6, della legge n. 412/1991 e dell’art.22, c. 36, della legge n. 724/1994 (cfr. Cass. civ., Sez. lav., 2 luglio 2020, n. 13624).
In tale significativa sentenza il Tar Lazio rigetta, inoltre, l’eccezione sollevata dall’Amministrazione con riguardo all’asserito difetto di interesse a ricorrere stabilendo che, a prescindere dal momento nel quale verrà effettivamente liquidato il TFS, si deve ritenere sussistente l’interesse del ricorrente alla corretta quantificazione di quanto spettante, giacché già elaborato dall’Amministrazione senza includere il beneficio dei sei scatti stipendiali (come documentato dai prospetti di liquidazioni allegati al ricorso introduttivo).
Nonostante tali previsioni legislative e la costante giurisprudenza amministrativa in merito, l’INPS continua a negare l’applicazione di tale beneficio quando la cessazione del servizio sia avvenuta a domanda, malgrado la sussistenza dei requisiti previsi ex lege: ossia qualora siano stati compiuti almeno 55 anni di età al momento della cessazione e siano stati maturati almeno 35 anni di servizio utile.
Secondo l’INPS, infatti, i sei scatti sarebbero a favore solamente degli iscritti collocati a riposo per limite di età ordinamentale, invalidità e decesso, con esclusione di coloro che sono stati collocati in congedo “a domanda”.